Starlight

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MaNu Coo
icon7  view post Posted on 30/6/2009, 17:21




titolo (dell'opera nella sua interezza): Starlight
titolo capitolo: La Festa di Fine Estate
capitolo n.1
autore (con link al profilo):*MaNu Coo
genere (es. fantasy, introspettivo, ...): Fantascienza, romantico
racconto:

Era Agosto, il vento soffiava forte, facendo frusciare le foglie degli alberi fuori casa mia.
Il rumore delle foglie e i tenui raggi del sole che filtravano dalla finestra della mia camera erano rilassanti. Peccato che non bastavano a farmi pensare ad altro.
I miei genitori hanno divorziato e sono costretta a trasferirmi con mio padre.
Così mi stavo già preparando psicologicamente per abbandonare la mia amata Buffalo e andare a New York.
Ho sempre odiato fare la valigia, dovevo decidere le robe da portarmi via; ora dovevo portarle tutte.
Tenevo lo stereo ad alto volume, così almeno non sentivo le urla dei miei genitori provenire da sotto; era diventato frustrante sentirli litigare per ogni sciocchezza!
Sbuffai e raccolsi una maglietta e la gettai nella valigia, poi allungai la mano e alzai ancora di più il volume dello stereo, ma era già al massimo.
Quel giorno indossavo una maglietta e un paio di pinocchietti militari; ho corti capelli neri e occhi blu, il naso a punta, i denti bianchi e perfetti merito di due anni dal dentista di fiducia.
Alcuni mi criticano per il mio carattere.
Rispondo sempre con sarcasmo, anche se molte persone non capiscono le domande e le affermazioni retoriche.
Solo Lynn, la mia migliore amica, capiva la mia ironia, Dio quanto mi manca! Quel giorno stavamo iniziando i preparativi per il ballo di fine anno ed era il periodo che Jacob, suo fratello, per qualche strano motivo, mi aveva lasciata.
«Andiamo, te ne puoi trovare tanti altri, Nathalie, sei bellissima!» mi aveva detto, sorridendomi. «Ora vado a casa, ci vediamo stasera per la pizza, ti voglio bene». Queste furono le ultime parole che sentii dire da Lynn.
Al ritorno da scuola, passai da casa sua per portarle la borsa; aveva l'abitudine di dimenticare le cose. La trovai morta sul letto, nessun segno di lotta o colpi di pistola. L'unica cosa che mi disse mio padre, un investigatore privato, fu che l'assassino non era stato ancora trovato e il caso, col passare del tempo, fu archiviato. Da quel momento in poi, tutti a scuola cominciarono a evitarmi visto che ero stata la prima a trovare Lynn, fui la prima sospettata.
Toc, toc...
Qualcuno bussò alla porta, facendomi sobbalzare; aprii e feci entrare mia madre in camera.
Mia madre non mi assomiglia, ho preso in tutto e per tutto da mio papà e ne vado fiera!
Si sedette sul letto e mi guardò sistemare le robe; aveva gli occhi lucidi.
Si passo una mano fra i lunghi capelli biondi e cominciò a guardarsi intorno con fare curioso: si e no, era entrata quattro o cinque volte in camera mia.
Osservò i poster di Avril Lavigne ancora attaccati al muro, le foto con le mie amiche e soprattutto con Lynn.
«Nathalie» disse senza guardarmi.
Non mi fermai, continuai a sistemare le mie cose.
«Va tutto bene?» mi chiese, mantenendo lo sguardo fisso sulle foto.
No che non andava bene! Avrei voluto tanto buttarle in faccia tutta la mia collera, gridarle quanto la odiavo e sfogarmi, rompendo piatti e bicchieri, prendere a sassate le finestre, appiccando fuoco a qualcosa. Ma dovevo trattenermi, nonostante la difficoltà, cercai di controllare l'animale che bramava di uscire dal mio corpo.
«Si» mentii. «Potrebbe andare meglio» dissi dopo un po'.
Mia madre abbassò la testa e si guardò le mani.
«Vedrai, andrà tutto bene!» disse lei, cercando di trattenersi dal pianto. «Ti sentirai meglio, stando con tuo padre. Beh... è meglio così no? Non mi hai mai sopportato e ora hai la possibilità di non avermi fra i piedi!». Si mise a piangere rumorosamente, mentre diceva quelle parole.
Mi bloccai. L'animale in me parve addolcirsi, il desiderio distruttore che avevo dentro di me si dissolse, lasciando spazio a qualcosa di strano che non avevo mai provato prima.
Andai da lei e mi inginocchiai, lei levò il suo sguardo su di me e mi afferrò le mani, massaggiandole.
Non riuscii a frenare le mie lacrime, che scesero sulla mie guance, calde durante la discesa, ma ghiacciate alla fine.
«Non è vero che non ti ho mai sopportato!» mentii di nuovo. «Tutte le mamme e le figlie passano momenti bui, difficili da superare, ma ce la siamo sempre cavata io e te, no?».
Lei annuì e abbozzò un sorriso.
Ci alzammo e ci abbracciammo, non volevo staccarmi da lei, ma fu lei a farlo.
«Fra poco è pronta la cena.» disse mia madre, fermandosi sulla porta.
«Ok, mi sistemo queste cose e arrivo!» dissi, ricominciando a piegare magliette e jeans.
Dopo una mezz’oretta, scesi sotto, annusando l'odore di fritto che impregnava la cucina.
Seduto a tavola c'erano papà e mamma; mio padre, a differenza di mia madre mi assomiglia. Abbiamo gli stessi occhi e lo stesso naso, la bocca, i lineamenti del viso, tutto.
Sul tavolo invece, ad aspettarmi, c'erano pizza, patatine fritte, coca-cola e pollo fritto.
Al diavolo la dieta, ma si, che sarà mai ingozzarsi di schifezze e poi misurarsi sulla bilancia? Io non bado a queste cose!
Beh, il pollo fritto lo lascio volentieri visto che sono vegetariana!
Non sono una di quelle vegetariane, che decidono di diventare tali solo perché hanno visto un documentario su come si fanno le salsicce, semplicemente non mi piace mangiare carne di animali.
«Tesoro» squittì mia madre. «Ti va un po' di pizza?».
Annuii.
Mi sedetti e lanciai un'occhiata obliqua al televisore, che trasmetteva un nuovo episodio dei Griffin, Dio quanto li adoro e poi Stewie è adorabile!
«Tesoro» disse mio padre, cercando mutare la sua voce burbera, in qualcosa di più gentile «domattina ci svegliamo alle sette».
«Non possiamo stare un po di più?» chiesi affranta.
Mio padre scosse la testa.
«La strada per New York è lunga!».
«Uff, ma perché proprio New York?» sbottai, irritata.
«Abbiamo una casa lì!» rispose papà, guardando la tv.
Non mi andava di trasferirmi a New York, Buffalo mi piaceva. Senza contare la marea di amici che lasciavo qui!
«D'accordo!» dissi infine. «Ma se un autogrill mi piace particolarmente, dovrò chiederti di fermarti, altrimenti potrei arrestarti per attentato rifiuto di concedere a tua figlia una busta di marshmallow o un pacco di patatine! Il posto davanti è mio!».
Papà e mamma risero.
Era la prima volta che li vedevo finalmente ridere insieme per una mia battuta, da quando non andavano d'accordo.
Qualcuno bussò alla porta, mi alzai ed andai ad aprire.
Mi trovai davanti le mie migliori amiche: Lola, Hannah, Fede e Meg, vestite in abito da sera, mentre sghignazzavano fra loro, osservandomi.
«Stasera scordati di stare chiusa in casa!» disse Fede.
«Cosa?» chiesi mentre mi trascinavano dentro.
Mi portarono in camera e cominciarono a guardare nel mio armadio, non trovando nulla però, così aprirono la mia valigia e cominciarono a disfarla.
«Ma che diavolo state facendo?» sbottai, irritata. «Avete idea di quanto c’ho messo?».
«Nathalie!» mi rimproverò Lola. «Questa è l’ultima sera in cui potrai dare almeno un bacio al tuo grande amore di sempre.».
Sapevo di chi stavano parlando! Solo perché Yuri Sorokin mi piaceva, non voleva dire che dovessi baciarlo per forza.
Mi fecero infilare un abito da sera di seta blu e cominciarono a truccarmi.
«Sarai bellissima» disse Hannah, mentre mi faceva l’acconciatura.
Provai un moto di malinconia, di solito Lynn mi acconciava i capelli, mi truccava e mi diceva «Sei bellissima!».
«Vedrai che verrà Yuri da te!» disse Meg, tutta un fremito.
«Si, si… come no!» dissi io, incredula.
«Ecco!» sbottò Lola, guardandomi irritata. «Questo è già un passo falso. Dimostragli che sei sicura di te. E poi a fine serata…»
«… te lo porti da qualche parte!» concluse Hannah, suscitando le risatine delle altre.
«Voi siete pazze!» dissi io, guardandomi allo specchio.
Accidenti, non ero niente male, i miei occhi azzurri, contribuivano a rendere il mio viso – se possibile – molto bello. Adesso mi sentivo pronta, sarei andata da Yuri a dirgli quello che provavo, l’avrei baciato e a fine serata…
«Nathalie, ci sei?» chiese mamma, fuori dalla mia porta.
«Eh?» feci io, tornando alla realtà.
«Ti ho chiesto se volete essere accompagnate!» disse mamma.
«Oh, no… Tranquilla!».
Mamma scese di sotto e le ragazze finirono di truccarmi. Ero, bellissima… sembravo una di quelle ragazze che vanno a quei programmi per farsi rifare tutte, ma ora ero più bella che mai.
Scesi sotto e mi feci vedere da mamma e papà, che rimasero a bocca aperta e, dopo averli rassicurati che non avrei fatto tardi, uscii di casa con le mie amiche.
Faceva parecchio caldo, o semplicemente era il nervosismo di incontrare Yuri che mi rendeva particolarmente surriscaldata.
«Ma chi ha avuto l’idea di organizzare un ballo di fine estate?» chiese Meg, eccitata.
«Polly Hellroy, lo faremo su una spiaggia» spiegò Lola.
Lola era la classica ragazza che sapeva tutto di tutti, conosceva ogni minimo particolare della vita di una persona ed era capace anche di fare ricerche assurde per sapere qualcosa riguarto il suo passato.
Arrivammo sulla spiaggia e notai subito parecchie moto, biciclette e auto ferme al parcheggio sopra di essa.
Sulla spiaggia erano stati accesi parecchi falò e una decina di ragazzi, preparavano da mangiare alla griglia. Notammo un bancone con le bibite e andammo lì.
D’un tratto apparve Polly Hellroy che ci sorrise.
«Benvenute!» trillò, gioviale. «Nathalie, sei bellissima!».
«Grazie, Polly!» dissi, impacciata. «Anche tu!».
Ci offrì da bere e ci portò a fare un giro per la spiaggia.
«Sapete, molte delle persone che sono qui, nemmeno le conosco. Fate attenzione, mi raccomando, ci sono certi brutti ceffi che non mi piacciono affatto!».
Io e le altre ci fermammo a un bancone e ci prendemmo un po’ di birra; non ne andavo matta, ma il sapore mi piaceva.
Posai il bicchiere sul bancone e cominciai a ballare con le altre.
L’odore del mare, il calore del fuoco, il fumo che saliva lento, il cielo che girava. Era tutto bellissimo.
Qualcuno mi poggiò la mano sulla spalla e io mi voltai di scatto...
«Nathalie, sei bellissima!» disse Yuri Sorokin.
Deglutii e presi a balbettare, ignorando le risatine delle mie amiche.
«Oh, grazie… anche tu!».
«Ti va di farci una passeggiata?» propose lui.
Annuii.
Con un ultimo sguardo eccitato, le mie amiche si girarono dall’altra parte per ricominciare a ballare o a spettegolare, sicuramente.
Non potevo crederci, passeggiavo con Yuri Sorokin; era alto e muscoloso, aveva corti capelli neri e occhi castani. Era bellissimo.
«Sei davvero bella, stasera!» ripeté lui.
Sorrisi.
«Allora, il ragazzo lo hai?» chiese lui, guardandomi.
«Oh, no… e tu?» chiesi io.
Scosse il capo.
Si sedette e invitò anche me, che mi sedetti accanto a lui.
Mi abbracciò e cominciammo a baciarci. Non avevo mai avuto tanta paura in vita mia, e se avessi sbagliato qualcosa?
Mi sentivo bene, mi sentivo al settimo cielo, tutto filava liscio, quando…
«Che cosa fai?» chiesi, nervosa.
Mi stava togliendo il vestito.
«Tranquilla, ci penso io!» disse lui.
«No, Yuri! Mi dispiace!» dissi cercando di alzarmi.
Lui mi trattenne dal braccia facendomi cadere a terra.
«Oh, no! Adesso rimani qui!» sbottò lui, cominciando a baciarmi con la forza.
Improvvisamente avvenne qualcosa di strano: il mio corpo, emanò una scintilla verde succeduta da una scarica di elettricità che fece allontanare da me Yuri.
Presi a correre verso la spiaggia. Impaurita e sudata, avevo il vestito fuori posto e mentre correvo presi una storta e caddi a terra. Mi rialzai dolorante e continuai a correre.
Come le mie amiche mi videro, mi vennero incontro.
Raccontai tutto a loro e ce ne andammo dalla spiaggia, andando verso casa di Lola.
«Che schifoso!» sbottò Meg.
«Già» fece Hannah. «Rimani con noi ancora un po’, ecco, prendi un po’ di ghiaccio!».
Mi misi la borsa del ghiaccio sul piede e sospirai. Osservai la veranda della casa di Lola e, dopo che ci fummo accesi una sigaretta, cominciammo a parlare del più e del meno.
Quando si fece mezzanotte, salutai le mie migliori amiche, quelle con cui avevo trascorso la mia infanzia. Abbracciate, piangevamo, ridevamo… non riuscivo a capire.
«Promettiamo di non dividerci mai!» dissi io.
«Promesso» dissero le altre.
Mi accompagnarono fino a casa e salutarono i miei, per poi andarsene.
Quella sera fu difficile prendere sonno. Ero nervosa. Non volevo andarmene, volevo restare qui a casa mia, con le mie amiche…

*

Le 6:00 squillarono dopo un paio di minuti, o almeno così mi parve.
Mi alzai, controvoglia e andai a rinchiudermi nel bagno: forse l'unico posto dove potevo starmene in santa pace.
Mi lavai, mi pettinai e andai in camera a vestirmi, maglietta rossa e pantaloncini di jeans, con le mie immancabili All Star.
Scesi sotto in cucina e trovai papà seduto al tavolo che leggeva il giornale e mamma stava cucinando le cialde più squisite dell'America: i Wapple.
«Oh, buon giorno tesoro!» disse mamma, chiudendo il gas da sotto la padella.
«'Giorno mamma, papà» salutai, sbadigliando.
Mi sedetti e addentai il primo Wapple che mamma mi mise sotto tiro.
«Mangiali con lo sciroppo» suggerì papà.
Presi la bottiglia dello sciroppo e affogai con esso i Wapple caldi e morbidissimi.
Il resto della colazione la passai parlando con papà su cosa avremmo fatto, non appena saremmo arrivati a New York; mamma per tutto il tempo era rimasta in silenzio.
Alle 6:45, papà si alzò da tavola e cominciò a portare le valige in macchina, aiutato da mamma.
Io salii in camera, presi tutte le mie cose e le portai di sotto, poi salii di nuovo.
Mi chiusi in camera e cominciai a guardarmi intorno: c'erano praticamente solo l'armadio, il letto, la finestra e le tende. L'avevo svuotata.
Quanti ricordi chiusi lì dentro, quanti pianti, pigiama party, quante risate in quella stanza, ora vuota, senza niente.
Notai qualcosa sotto il letto e mi inginocchiai per prenderlo. Era una collana con un ciondolo a forma di cuore tempestato di diamanti: indossai la collana di che mi aveva regalato Lynn. Mi trattenni dal pianto e uscii fuori, chiudendo per l'ultima volta quella porta.
Scesi sotto e uscii di casa: il tempo prometteva bene, neanche una nuvola in cielo.
«Papà c'è tutto?» chiesi nervosa, osservando la Dodge Caliber grigia, piena da scoppiare.
«Si... tutto. Possiamo andare!» rispose papà.
Salutò la mamma, accese la macchina e fece retromarcia.
Andai da mamma, ci abbracciammo e scoppiammo a piangere!
«Mi raccomando Nathy!» singhiozzò lei. «La mamma ti vuole bene, ricordatelo!».
«Lo so mamma!» dissi io. «Anche io te ne voglio!».
«Hai salutato le altre?» chiese poi, riferendosi alle mie amiche.
Annuii.
Mi liberai difficilmente dalla stretta di mia madre, percorsi il vialetto ed entrai in macchina con papà, che stava programmando il navigatore satellitare.
«Chiamami quando arrivate!» disse mamma.
«Ok» disse papà. «Stammi bene, Meryl!».
«Anche tu, Michael!».
La macchina parti in fretta e presto casa nostra e mamma che ci salutava, divennero solo puntini in lontananza.
Accesi la radio e per mia fortuna cominciò When you're gone di Avril Lavigne, rallegrandomi e svuotandomi della tristezza che mi aveva posseduta nei giorni passati.
Dopo qualche ora, il mio cellulare squillò, lo afferrai e con mia grande gioia vidi che era un messaggio di Hannah.
"Ehi Nathy, ti diverti con tuo padre?
Comunque, indovina? Tom e Catherine si sono fidanzati!
Dai, tu li vedi insieme? Secondo me lui si merita di più? Tu cosa ne pensi? Rispondi il più in fretta possibile, mi manchi! Ti voglio bene."
Sorrisi.
Ah la solita vecchia Hannah, sempre a farsi i fatti degli altri. Tom O’Connel le era sempre piaciuto, ma lei lo negava sempre!
Anche se aveva ragione, Catherine Holmes è odiosa, smorfiosa e soprattutto... stronza!
Oramai eravamo fuori dai confini, addio Buffalo, addio amici, addio stanza. Ho lasciato tutti i miei ricordi in quella città!
Guardai oltre il finestrino della macchina e mi rilassai; il tramonto è uno degli spettacoli più belli che la natura offre, beh, a parte l'arcobaleno.
Alle otto di sera, ci fermammo ad un autogrill, ci prendemmo le cose da mangiare e tornammo in macchina.
«Mmm...» fece papà, addentando il suo cheeseburger.
Io scartai il mio e cominciai a mangiare.
«Non sono come quelli che fanno a Buffalo!» disse papà, ingoiando un grosso pezzo di cheeseburger. «Senti come scrocchia!».
Non mi ricordo di aver mai sentito in vita mia l’espressione “scrocchia”, ma mi piaceva.
«Già!» concordai. «Quelli sono più morbidi.».
Finimmo di mangiare e ripartimmo a gran velocità.
Il cielo di notte, lontano dalle luci della città, era bellissimo! Le stelle erano migliaia e la luna illuminava la strada.
Intorno a noi, alberi e montagne; mi parve di vedere anche un coyote su una montagna che ululava.
Purtroppo, non restai a lungo sveglia per ammirare tutto intorno a me.
Presto una densa nuvola di sonno mi invase e la stanchezza si impadronì dei miei occhi, facendoli chiudere.





























 
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» Missy •
view post Posted on 1/7/2009, 13:30




Nel suo complesso non è male, ma trovo doveroso fare degli accorgimenti come la brevità dei periodi ed alcune forme verbali. Ma fossi in te per migliorare i tuoi scritti, dovresti recare maggiore accortezza nella forma generale perchè potrebbe non piacere, poichè potrebbe risultare troppo semplice. Il mio però è solo un consiglio!^^
 
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boleyn`
view post Posted on 1/7/2009, 15:04




mi trovo nella condizione di dover quotare missy, fossi in te rivedrei il primo capitolo -soprattutto per quanto riguarda il lessico- prima di continuarlo
 
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MaNu Coo
view post Posted on 1/7/2009, 18:30




Grazie per i vostri consigli... cercherò di fare del mio meglio... E poi sono troppo sintetico e questo non va bene... diciamo che l'unica parte che mi è piaciuta di questo capitolo è quando parlo di Lynn... quello che c'è scritto mi è successo davvero, solo che io ero il ragazzo della sorella... baci e grazie per i consigli ^^
 
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shàllàlàlàPOLLY;
view post Posted on 2/7/2009, 22:40




Beh, già perchè c'è una ragazza che si chiama Polly mi piace xD
No, vabbè, scherzi a parte.
Concordo con le altre per quanto riguarda la brevità dei periodi, ma per il resto credo che non sia male n.n
 
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MaNu Coo
view post Posted on 4/7/2009, 19:09




ahahahahahahahahah... ^^
 
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5 replies since 30/6/2009, 17:21   251 views
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